In data 01-12-2003 il Webmastro riceveva questa lettera:
From: "Simone Stenti" <xxxxxxxx@xxxxxxxx.it> To: <redazione chiocciola radionk punto com> Subject: lezione di attendibilità Date: Tue, 26 Oct 2004 18:43:27
Buongiorno, un amico mi ha usato la cortesia di girarmi il link a un vostro articolo (come vedete, già dalla definizione assumo una posizione diplomatica e assai conciliante) intitolato "Guru" e ospitato dal sito "Istituto di Demiurgologia". Poiché apprendo che il sito è gestito da "un gruppo di scienziati illuminati che già da tempo si dedicavano allo studio del mondo della bella gente" mi son detto: non posso mancare, appartenendo ad ambedue le categorie fin dalla nascita. Diciamo che sono un scienziato illuminato e bello. E, elettrizzato dall'opportunità d'accompagnarmi a uno stuolo di colleghi, mi son gettato a capofitto nella lettura dell'indispensabile saggio, da cui ho appreso uno sproposito di inedite verità. Che vado a elencare nell'ordine.
1) I capi di Guru vengono acquistati non perché il marchio è supportato da palate di marketing, ma perché il proprietario prezzola vip e semivip per portarne le magliette. Che a casa mia, ma anche di Emanuele Invernizzi (professore di Economia e tecnica della comunicazione aziendale presso l'Università IULM di Milano), si chiama - ohibò - esattamente nello stesso modo: marketing. Peraltro, codificato e riconosciuto da mezzo secolo circa. Anche se a me piace pensare che Brigitte Bardot acquistasse vestiti, gioielli e accessori al mercato del lunedì, invece che passare a far man bassa nell'atelier di Pierre Cardin.
2) Che i luoghi in cui l'operazione attecchisce meglio sono le riviere e/o la Costa Smeralda e non, poniamo, Centocelle o Lambrate. Il perché però non viene indagato. Sono certo che sarà il tema per un successivo, indispensabile approfondimento.
3) Che "non è confortante, non è giusto e non è neanche intelligente" che "squallidi personaggi da rotocalco rosa possano ergersi a timonieri della moda tramite accordi coi produttori di capi, che "eviterebbero di dover spendere e spandere in pubblicità mediatica (sic!) attiva poggiandosi molto più comodamente sulla pubblicità passiva (ri-sic!) dei vip". Un passaggio topico che introduce i valori di giustizia e intelligenza nel dualismo marketing diretto e indiretto. Anche se, nel mio piccolo, non mi sembra tanto scemo uno che spende meno e guadagna di più.
4) Che il sito GQ.com non è "fonte tra le più attendibili". E su questo concordo ampiamente, avendo il sottoscritto come responsabile.
5) Che esiste ancora qualcuno sopra i 6 anni ad avere problemi con le periodicità. All'autore fornisco questo artigianale specchietto, che risolverà alcuni tra i suoi dubbi più laceranti.
Bimensile: non lo dice neanche Flavia Vento ("squallido personaggio" noto agli iniziati della cronaca rosa, per l'improprietà lessicale). Per indicare una frequenza di "due volte al mese", basta quindicinale.
Bimestrale: ohibò, sì, indica proprio ogni due mesi. Come trimestre o quadrimestre indicano ogni tre o quattro. Chi ha mai preso una pagella lo supponeva da sé.
Bisettimanale, stranamente, vuol dire "due volte alla settimana" e, perciò, l'autore si sgomenterà, apprendendo che in due mesi ricade otto volte e non solo due, come il quindicinale.
L'autore, comunque, è ampiamente giustificato dall'uso poco chiaro di suffissi e radici da parte dei padri della lingua.
6) Che qualcun altro va scritto inequivocabilmente senza apostrofo. Ma forse i nichilisti rifiutano la rigidità ortografica e l'evidenziazione in rosso è la "sottile linea di congiunzione" tra l'asino e il rivoluzionario.
7) Che c'è chi è capace di farmi perdere mezzora in pirlate.
Vi amo moltissimo
Simone Stenti Inattendibile vicedirettore di GQ.com
L’articolo a cui Simone fa riferimento è quello sulle magliette GURU.
Risponde la redazione:
Il cortese amico signor Google ci ha fatto capire che Simone Stenti è davvero il vicedirettore di GQ.com il che ci ha riempito il cuore di allegria, visto che sono mesi che riceviamo hatemails solo da fan degli Hanson, e finalmente abbiamo l’occasione di perdere mezz’ora con qualcuno di importante.
Dunque dunque dunque, andiamo per disordine perchè ci sono 7 punti e molta carne al fuoco.
Intanto, il vicedirettore del noto mensile ha rosicato in maniera indegna per una persona della sua levatura. Ma davvero eh, la tigna è palpabilissima quando uno scrive una cosa come: “indispensabile saggio” riguardo ad un articolo dell’Istituto, e quando scrive: “esiste ancora qualcuno sopra i 6 anni ad avere problemi con le
periodicità” riferendosi ovviamente a noi, oppure ancora: “Chi ha mai preso una pagella lo supponeva da sé” per dire che è una cosa banale.
Boh, forse Simone non l’ha capito (ammettiamo che non l’abbia capito) ma l’Istituto (la redazione, ndW) non è un circolo culturale vero in cui ci si scambiano commenti sulla corretta salatura del burro per tartine. E’ fatto da persone di medio-bassa levatura sociale, censo modesto, cattive frequentazioni ed una spiccata propensione per la distruzione delle cose belle che questo mondo ci offre, tra le quali le t-shirts che costino più di 10 euro.
Oh, sia ben chiaro che tutto questo è stato scatenato dal fatto che abbiamo scritto, riguardo al mensile in cui Simone lavora: “come fonte non è tra le più attendibili“. Sia chiaro anche che non abbiamo definito con epiteti da trivio il parentado di Simone, non abbiamo ingiuriato chi lavora in GQ in particolare o dentro la Condé Nast in generale, non abbiamo dato del cretino a chi legge GQ; lo stesso dicasi per qualsiasi cosa collegata in qualsiasi modo/maniera/forma con il marchio GURU.
Ovviamente, stiamo rosicando come dei castori anche noi, non tanto per aver scatenato l’ira funesta di Simone, ma per avergli fatto perdere solo mezz’ora in pirlate, quando invece avremmo sperato in un’attività più prolungata in tal senso.
Allora, per punti, la nostra rosicata:
7) Ah ma no dai! Non ci puoi dare dei pirla dai. Spero che Simone intendesse dire che ha speso mezz’ora in attività poco proficue per il suo lavoro, e non che il nostro sito bellissimo sia una pirlata, o peggio che noi siamo dei cazzoni. Se hai detto che siamo dei cazzoni sei cattivo forte eh, aciderrimo, e ci offendiamo a tal punto da non usare più GQ cartaceo per l’espurgo dell’eccesso di produzione del condensato d’amore.
6) Dannazione è vero. Qualcun altro si scrive senza apostrofo, visto che altro è maschile ed il maschile non vuole l’apostrofo. Quello è un errore da blu, non rosso.
Ad ogni modo, “il link a un vostro articolo” si scrive AD un vostro articolo (idem in “a uno stuolo di colleghi”); in “E, elettrizzato” non si va punto-a-capo riprendendo con E, e non si ripete la vocale. Vabbè ok, comunque non siamo rivoluzionari, cioè se siamo rivoluzionari noi lo è anche GQ, per dire.
5) Il signor Stenti (dottor Stenti?) vabbè Simone ha studiato meglio di noi perchè ha saputo darci una lezione su cosa significhino i termini bisettimanale, bimensile, bimestrale anche se con un certo dispendio di retorica. Simone non poteva comunque sapere che la frase (cit.)
“Se voi invece fate parte della gente che esce di casa a frequenza almeno bimensile (cioè due volte al mese, perchè mi sembra di capire che “una volta ogni due mesi” si dica bimestrale; ma allora “bisettimanale” è la stessa cosa di “bimensile” o vuol dire due volte alla settimana?).
Vabbé, se uscite di casa ogni tanto sapete di cosa parliamo.”
è un in-joke per un nostro amico che stava nel periodo sostenendo un esame di Estimo in cui c’erano domande a trabocchetto sul tema eccetera eccetera. Quindi archiviamo perchè il fatto non sussiste le seguenti accuse:
-di essere ignoranti sull’argomento (“esiste ancora qualcuno sopra i 6 anni ad avere problemi con le periodicità”);
-di essere degli illetterati (“Chi ha mai preso una pagella lo supponeva da sé”)
In realtà siamo persone stupide, anche cialtrone è vero, ma odiamo farcelo dire dai vicedirettori di giornali patinati, ce ne scusi Simone.
4) GQ non è il Washington Post, e ciò è preclaro. Questo lo possiamo dire con un minimo di cognizione in quanto negli anni universitari solevamo serbare numerose copie del mensile nell’appartamento, e ne eravamo lettori assidui.
3) Pur in un’ottica di giustizia e intelligenza nel dualismo marketing diretto e indiretto e pur ammettendo che non sappiamo cosa ca##o sia il dualismo marketing diretto ed indiretto, poggiarsi su un personaggio pubblico -e solo su di lui- per vendere un determinato prodotto, evitando altri canali di propaganda è operazione tanto rischiosa quanto poco sensata. Prova ne sia il fatto che il diluvio di marchi marchietti marchiettini nati dopo GURU sono sprofondati miseramente.
Supponiamo ad esempio che io mi inventi un logo – diciamo la maglietta MUCCA BOIA™ . Poniamo che non la pubblicizzi nella stampa specialistica come GQ o simili, nè sulla stampa generalista, né in TV, né alla radio, né faccia sfilate del marchio MUCCA BOIA™. Però trovo il famoso presentatore Puponi che la indossa dietro compenso in una trasmissione. Mettiamo che il presentatore Puponi venga arrestato per furto di gomme da masticare e sbattuto in prima pagina con addosso una maglietta MUCCA BOIA™. Non so lei, ma questa storiella morale mi ha fatto venire prima di tutto una gran voglia di depositare il marchio MUCCA BOIA™, e seconda di tutto una gran voglia di evitare di impegnarmi nel commercio di magliette.
2) Alla fine, putroppo o per fortuna, malgrado lo sforzo dei depositari del marchio GURU, temo vi sia un’enorme concentrazione di capi GURU a Lambrate, Centocelle, nei migliori ipermercati e presso i muretti delle migliori periferie, piuttosto che a Capalbio ed a Cortina. Questo perché i veri distinti, quali ad esempio noi non siamo, rifuggono massimamente dal capo massificante quando non invitati a farlo. I distinti ancora più distinti inoltre non accolgono neanche di sfuggita l’idea di indossare un capo se pagati per farlo, o per ottenere un beneficio economico. I distinti più distinti più distinti ancora non comprano neanche capi, ma se li fanno abilmente confezionare. Poi c’è un livello di distinzione massima, al quale accedono solo i distinti baciati dal Demiurgo della Demiurgologia che indossano quello che gli pare, anche la maglietta Fruit of the Loom, e tutti plaudono al loro charme, anzi tutti si mettono a indossare t-shirts bianche da 5 euro a maglia e ci fanno la figura dei cazzari, perché quando lo fa il Distintissimissimo è classe, gli altri sono solo squallidi imitatori.
1) A casa mia, ma anche a casa degli amici dell’Istituto, e forse anche a casa dell’Invernizzi che sicuramente sarà uno che fa le cose per bene, siamo fermamente convinti che BB, specie all’apice del suo splendore, fosse una dei distintimissimissimi citati qui sopra, e che potesse andare a comprare anche le mutande all’UPIM (posto che ne avesse voglia e modo) riuscendo comunque ad apparire un capolavoro di Dio o di chi per lui (mentre oggi, anche se fosse vestita da Pierre Cardin o dalla GURU apparirebbe una casalinga attempata, comunque).
Saluti di corpo e grazie per averci fatto passare un’oretta a riflettere su noi stessi e su come il mondo sia buffo.
la Redazione.
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