Tempo fa (circa 4 anni fa, per la verità) scrivemmo sul vecchio sito del Caffé un trafiletto sulla lomografia, questa disciplina fotografica rigidamente impostata sull’uso di macchine analogiche di bassa o nulla qualità tecnologica, con predilezione di soggetti casuali o poco significanti.
L’aspetto più curioso di questa tecnica, sulla quale oramai sono stati spesi fiumi di inchiostro digitale, è la ricerca ostinata di tutta una serie di difetti degli apparecchi fotografici (aberrazioni ottiche, vignettatura, sfocatura, saturazione eccessiva, intrusioni di luce ecc.) che normalmente sarebbero da aborrire, per esplicita esigenza artistica.
Me ne venivo fuori tempo fa, notando che la qualità delle foto scattate con i cellulari di prima generazione o di fascia medio-bassa hanno tutte le caratteristiche per essere definite lomografiche. Paradossalmente, un cellulare con fotocamera di bassa qualità può costare meno di una macchina lomografica analogica (con la moda e tutto quanto, qualcuno ha deciso di vendere care queste scatolette di plastica).
Le foto fatte col cellulare denotano infatti tutti quei difetti di cui si scriveva sopra, con l’aggiunta più o meno volontaria degli artefatti di compressione che i modesti convertitori di cui sono equipaggiate le fotocamere disseminano nei jpg.
Infatti, da un paio di settimane setaccio la cartella di scambio del dispositivo bluetooth alla ricerca di foto scaricate dal mio cellulare che in qualche modo avvalorino quanto appena detto. Ne posto alcune perchè ve ne possiate fare un’idea e soprattutto perchè non avevo mai avuto il piacere di tirare fuori questa immondizia dal pc.
More soon.